[ Leggi la seconda parte del racconto ]
“Con i bambini bisogna avere mille occhi!”
Una donna, sorridente, capelli corti e bianchi splendenti, si alza da un tavolo a fianco e aiuta Elena ad asciugare la cascata che si è riversata sul pavimento.
“Grazie” – le risponde Elena, con un’espressione a metà strada tra l’imbarazzo e la gratitudine.
“Si figuri e mi scusi l’intrusione, ma quando si diventa nonni tutti i bambini sono dei nipotini! Complimenti ad entrambi avete delle bellissime bambine!”
Serena torna a sedersi al tavolo: insieme a lei sta pranzando un uomo con i capelli d’argento e occhiali dorati.
È silenzioso e pacato.
Lei le porge la ciotola del formaggio grattugiato da mettere sugli agnolotti al ragù che stanno consumando.
Lui ad un tratto sorride e la donna, per un istante, lo rivede poco più ventenne che la invita a ballare alla festa del paese.
Lei è una giovane maestra di scuola elementare, alle prime armi, mentre lui un tecnico di cantiere in una ditta di costruzioni.
I loro gesti sono coordinati, ritmici, si vede che raccontano la storia di un’intera vita insieme percorsa tra vette sublimi e vorticosi abissi.
Riaffiorano alla memoria la gioia incontenibile dell’innamoramento, l’attesa spasmodica e il desiderio di uscire di casa per vedersi, la tristezza dell’ultimo bacio dato sotto casa prima di lasciarsi la sera. L’euforia di creare il loro nido, la passione travolgente che fa passare tutto in secondo piano. Il giorno delle nozze, l’emozione della nascita del primo figlio, le foto dei compleanni, di Natale e delle vacanze in famiglia.
Ma anche l’oscurità dei giorni più bui, dominati dalla stanchezza e dalle preoccupazioni, il dolore lancinante per la malattia e la perdita dei loro genitori, gli anni di apatia e di sbalzi d’umore, le interferenze di persone che hanno attraversato la loro vita.
Ma dopo tutto loro adesso sono qua: a Torino seduti al tavolino di un bar di via Garibaldi, una volta via Dora Grossa, mentre pranzano con un piatto di agnolotti al ragù, baciati da un raggio di sole invernale.
Le loro rughe sono segni di un percorso lungo una vita, il loro corpo e la loro anima portano cicatrici profonde, ma i loro occhi sono quelli di due giovani che, tenendosi per mano, corrono sotto la pioggia per andare al cinema.
Elena li osserva con ammirazione e un pizzico di gelosia.
Pensa che vorrebbe vedersi seduta a quel tavolo fra trent’anni per poter guardare con fiducia e serenità alle giovani coppie di adolescenti e dire loro “Sognate!”, a quelle adulte con occhiaie che lottano “Resistete!” e a quelle rinate dopo terremoti e incendi dell’anima “Amate ancora!.
“Mamma, papà posso prendere il sorbetto per dolce?”
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