Quando ero una giovane studentessa universitaria e un’altrettanto giovane aspirante scrittrice, mi vergognavo a dire agli Altri che provenivo da un piccolo paese di campagna e che le mie origini erano umili.
Cercavo di mimetizzarmi, di fare in modo che radici dei miei antenati contadini non emergessero dalla terra, ma restassero nascoste. Nonostante questi ambienti mi affascinassero e mi accogliessero per le mie capacità, non mi sentivo mai perfettamente a mio agio, né completamente parte integrante.
Una sensazione analoga mi è poi capitata quando ho lavorato per molti anni in ambienti molto artificiali, dove tutto era finto, asettico, strategico: in alcuni momenti la tensione di restare in quei luoghi era così alta che sognavo solamente di scappare da quegli uffici, strapparmi di dosso quegli abiti scomodi e formali, prendere una vecchia bicicletta e pedalare a perdifiato tra i campi di meglia (dentro di me dicevo meglia non mais) come facevo da bambina.
Sentire il vento fra i capelli, mangiare qualche moscerino, prendere di nascosto una pannocchia e farne una bambola, intrecciando le sue foglie per farne un abito e usando la barba come capelli.
Il solo pensiero mi restituiva serenità.
Una seconda cosa che mi faceva impazzire in quegli anni da donna currens era la completa mancanza di una connessione tra le mie azioni e il ritmo naturale della terra: le giornate scorrevano frenetiche, tutte uguali, ignorando stagioni e ritmi naturali, costringendomi ad una continua spinta sull’acceleratore.
Che fuori sbocciasse la primavera, sussurrasse l’autunno o esplodesse l’estate i ritmi dell’ufficio erano sempre gli stessi e a me mancavano sempre di più le mie radici.
Chi cresce in campagna sa che la vita è scandita da riti e momenti che hanno tempi ben precisi: c’è il tempo giusto per seminare, quello per raccogliere e ringraziare, infine quello in cui ci si deve riposare. Se guardi la terra e armonizzi i tuoi ritmi ai suoi, saprai che stai facendo bene: come cresce bene una pianta puoi crescere rigoglioso anche tu.
Sono riti millenari che, la religione pagana prima e quella cristiana poi, continuano a raccontare e trasmettere.
Da quando ho iniziato ad insegnare, ogni mattina, per raggiungere il posto di lavoro, percorro strade che attraversano la campagna che ci circonda e ho iniziato ad osservarla giorno dopo giorno: respira lentamente nelle nebbiose mattinate di novembre, riposa silenziosa in inverno, rinasce ed esplode in primavera e cresce in estate fino a quando le piante di mais quasi toccavano il cielo.
E così, poco alla volta, ho finalmente fatto pace con le mie radici:
Io amo scrivere
e amo la campagna