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Quarant’anni in quarantena

Chi lo avrebbe mai detto: festeggiare i primi quarant’anni in quarantena, durante una pandemia mondiale a causa di un virus letale e sconosciuto.

Con un asteroide in arrivo e gli ufo che, a quanto pare, iniziano ad innervosirsi.

Sembra la trama di uno di quei film apocalittici americani, di quelli in cui sulla terra sei rimasto solo tu, Will Smith e il suo cane.

Un copione che, anche la mente più creativa, avrebbe faticato ad immaginare fino a tre mesi fa. E, se è vero che a quarant’anni si ri-nasce per la seconda volta, ne devo dedurre che questa mia seconda tranche di vita non trascorrerà di certo all’insegna della monotonia!

Tuttavia per chi come me, nata sotto il segno del bradipo con ascendente panda, aver avuto la possibilità di fermarmi per questi (ormai) sessanta giorni si è rivelato necessario e salvifico.

Da troppo tempo infatti la nostra involuzione da uomini sapiens ad uomini currens mi stava sempre più stretta.

In quella dimensione lavora, aperitiva, teletrasporta bambini in destinazioni varie, corri, incastra lezioni-catechismo-sport-riunioni, scatta, condividi, fai 10.000 passi al giorno, pubblica tre post al giorno, riordina la casa e rendila instangrammabile, vestiti cool per il week end, ma non lasciare panni accumulati in lavanderia, sorridi con tutti, non inciampare mai, io non ci stavo più dentro.

Vedevo i giorni accorciarsi sempre di più, scorrere ad una velocità tale che il mio cervello non era più in grado di rielaborare input ed emozioni: relazioni sociali che si sbriciolavano come sabbia tra le dita, una sorta di torpore che non mi lasciava più assaporare ciò che avevo e ciò che mi stava accadendo. Spesso, al culmine di giornate sfiancanti, mi trovavo a chiedermi se questo sarebbe andato avanti per tutta la vita e, soprattutto, a che pro.

Poi, come spesso accade, dopo una folle corsa, arriva lo schianto.  

All’inizio è sembrata una vacanza prolungata: che bello non si rientra dalla vacanze di Carnevale, mi riposerò un po’. Complice una comunicazione sempre allarmistica e catastrofica del passato, che però poi non si era mai tradotta in realtà, subito ho faticato a comprendere quello che ci stava accadendo.

E allora ma si Milano non si ferma, l’aperitivo gratis a Venezia, é solo un’influenza un po’ pesante, mica siamo anziani, quindici giorni e passa tutto.

Poi, le varie attività economiche del paese hanno iniziato a fermarmi: non solo più le scuole, ma uffici, ristoranti, bar, negozi, anche il mobilificio nel quale lavora mio marito.

Anche qui, in prima battuta, ha ancora prevalso l’euforia del pensiero di quindici giorni tutti insieme come famiglia, un’opportunità mai accaduta fuori agosto da 20 anni a questa parte.

Le due settimane sono diventate cinque, sei, (e chissà?), i numeri delle vittime sempre più incalzanti, le immagini dei mezzi militari a Brescia che portano via i feretri, persone che conosci che man mano vengono colpite da questo virus e alcune che ci lasciano in modo inatteso, le loro età così pericolosamente vicine alla mia.

Tutto il mondo si ferma e le nostre abitudini iniziano a cambiare.
Abbiamo avuto l’opportunità di avere quel tempo che ci è sempre mancato: qualcuno di noi ha iniziato a guardarsi dentro ritrovando una dimensione essenziale: ricomincaire ad usare le mani per prodursi il cibo, via l’apparenza senza sostanza, via il tempo libero trascorso alla ricerca bulimica del nuovo acquisto e del post acchiappa like.

Non servono abiti nuovi, acconciature all’ultimo grido, non serve nemmeno più l’automobile.

E nonostante tutto ci riscopriamo forti, capaci di creare da soli quello che ci serve, creativi, vivi.

E, mentre noi ci fermiamo, la Terra e la Natura rinascono, si riprendono i loro spazi e si rigenerano. In un attimo capiamo che siamo ospiti e non padroni di questo Pianeta e che, se diventeremo sgraditi, ci vorrà poco per essere spazzati via.

No, non è un intervallo fuori stagione, ma è un nuovo inizio, che divide a metà la vita di noi nati nei ruggenti anni ottanta.

Succede così che questo nuovo sguardo inizia a trasformare le cose intorno a te: inizi a tagliare il superfluo, a grattare via quel falso luccichio di una vita sociale fatta di apparenze e finte necessità, inizi a renderti conto del tanto che hai e del valore del tuo tempo e della lentezza. 

Al posto dell’isteria subentra la creatività e scopri che la vita che hai sempre sognato è quella che stai vivendo ❤️ (senza il virus ovvio!)

Cosi è stato per il giorno del mio compleanno: mi ero immaginata una giornata alle terme con le amiche, poi una festa con gli amici, avevo stilato una lista di cose che mi sarebbe piaciuto ricevere.

Invece ho avuto la fortuna di poterlo trascorrere nel modo più autentico.
Un intero giorno con la mia famiglia, con tante sorprese: un portapenne di pelle fatto a mano da mio marito e fiori per il nostro cortile, un bellissimo video con commoventi messaggi di auguri da parte di parenti e amici realizzato da mia sorella e dal suo compagno, un emozionante video racconto della mia vita accompagnato dalle note delle mie canzoni preferite. E centinaia di messaggi di auguri e pensieri positivi.
Una valanga di amore che mi ha lasciato senza fiato.

Un pranzo al sole con i mie piatti preferiti e una fantastica torta realizzata da Andrea, un pomeriggio diviso a seguire un corso per lavoro e a ringraziare tutte le persone che mi hanno pensato.

Una serata tranquilla, con le bimbe che giocano, ridono e poi si addormentano felici.

E adesso che nella calma della notte sto rielaborando tutte queste emozioni, realizzo che nel copione della nostra vita è avvenuto l’ennesimo colpo di scena.

Saremo noi quarantenni, quella della generazione X, quelli che ci siamo beccati dei bamboccioni viziati, eterni Peter Pan inconcludenti e chi più ne ha più ne metta, a far uscire il mondo da questa emergenza e che guiderà questo nuovo inizio. Saremo noi, gli eterni precari che in poche settimane abbiamo imparato ad cambiare il nostro modo di lavorare, che stiamo facendo convivere i saperi della tradizione con l’innovazione. Quelli che sanno impastare a mano il pane e la pasta, ma stanno insegnando ai propri genitori e ad usare la tecnologia per vedere i loro nipotini.

Siamo quelli che, anche senza il posto fisso, hanno creato famiglia, la migliore che potevano, quelli che hanno lasciato per molti anni la laurea nel cassetto, ma che non hanno mai rinunciato ai propri sogni.

Se la Terra ci vorrà ancora come suoi ospiti graditi, sarà grazie alla nostra nuova sensibilità ecologica e a quella dei nostri figli, alla nostra capacità di privarci di qualcosa per il bene collettivo.

Noi, dal posto fisso in panchina, finalmente siamo chiamati a riscaldarci e ad entrare in campo.
Siamo increduli, ma finalmente è arrivato il nostro turno: allora tanti auguri a noi (rivoluzionari) quarantenni!

4 pensieri su “Quarant’anni in quarantena”

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