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Famiglia (2 di 3)

[leggi la prima parte del racconto]

Nella stessa saletta per un breve istante si affacciano due donne sulla cinquantina, che subito indietreggiano.
“Ma che cazz..” dice una delle due.
“Andiamo va, che mi è anche passatala fame.”

Elena, allontanandosi, guarda verso il fondo della sala e, per un attimo, sembra assentarsi da tutto. C’è Carlo insieme a Luz: lui sta sorridendo e come sempre è elegante e curato.
D’improvviso le si ripresenta davanti la rabbia, la follia che le avevano offuscato la mente, quando aveva capito di essere stata tradita.
Per molti mesi aveva mentito a se stessa, aveva cercato scuse e giustificazioni per spiegare il suo distacco, l’apatia che lo sorprendeva appena varcava la soglia di casa, i suoi comportamenti insoliti e adolescenziali. Perché lei in quel periodo era stanca, così tanto, che faticava a mettere insieme il puzzle della sua vita: c’erano il lavoro, la cura delle ragazze, la madre ammalata, le mille incombenze domestiche che la fagocitavano. E lei arrivava alla sera così stremata che, per salvarsi, in prima battuta aveva mentito a se stessa fingendo di non capire quello che stava accadendo alla sua famiglia.
Non voleva avere fastidi, non voleva avere anche questa grana da risolvere.
Era troppo stanca!
Ma le bugie hanno le gambe corte e, a quarant’anni suonati, quasi cinquanta, nel suo caso, anche le principesse ingenue come lei prima o poi avevano dovuto arrendersi all’evidenza.
Così aveva iniziato a vedere chiaramente che lui brillava quando parlava di quella nuova collega arrivata da poco, di come era competente e dei viaggi pazzeschi che aveva fatto. Tutto ciò che riguardava questa Luz diventava fonte di eccitazione che traspariva agli occhi di lei ormai disillusi.

Giorno dopo giorno le menzogne di Carlo erano diventate così evidenti e grossolane, che non potevamo che essere smascherate: come le sue improbabili cene con i colleghi e quelle chiamate di lavoro che doveva fare chiuso in bagno o sul balcone. Almeno si era risparmiato la farsa del calcetto, probabilmente la pausa pranzo avveniva ad alto contatto e a temperature elevate.

Prendere consapevolezza di questo lento, inesorabile abbandono era stato come ricevere un pugno in pieno volto. Era sorpresa? Sì, perché lui era sempre stato etichettato come il bravo ragazzo della comitiva, il ragazzo buono e premuroso che le sue amiche le invidiavano.
E si era sentita smarrita e aveva iniziato a trascorrere le notti insonni alla ricerca di una soluzione: restava sveglia, andava a vedere le ragazze dormire, caricava una lavatrice, a volte stirava. Cosa doveva fare? La rabbia dentro di lei cresceva a dismisura e le provocava enormi chiazze rosse sulla pelle, ma non riusciva ad affrontarlo, a urlargli addosso tutto il suo dolore.

Carlo continuava a vivere distratto, ombroso e buio con lei, luminoso e vivo con Luz.
Fino a quella mattina d’estate in cui lui se n’era andato, lasciandole una lettera che lei non aveva nemmeno voluto leggere.

Era finita direttamente nello scarico del water.

Mentre indietreggia nel tentativo di dileguarsi il prima possibile da quella situazione imbarazzante, Elena inciampa nelle All Star rosse di un ragazzo: avrà poco più di vent’anni e gli occhi che brillano di euforia. E’ insieme ad un suo coetaneo, stile hipster e All Star blu.

Riccardo e Stefano si siedono ad uno dei tre tavolini ancora liberi.
Sembrano due studenti universitari e i loro discorsi sono pieni di entusiasmo: parlano di viaggi, di Erasmus, del loro ultimo esame che stanno preparando, del professore di semiotica, della loro musica preferita e dei concerti che andranno a vedere insieme.
Ordinano due panini e due Coca Cola zero.


Elena, che nel frattempo è già ricoperta di pappa, si sofferma ad osservarli e pensa, con un po’ di nostalgia, a quell’incontenibile entusiasmo di chi ha tutta la vita davanti, di quando la tua esistenza è tutta potenza da esprimere. Di quegli anni in cui, da studentessa, non vedeva l’ora che arrivasse il week end per poter uscire con Luca, ai venerdì pomeriggi chiusa in bagno a farsi bella per lui, alle giornate in due, senza interferenze, distrazioni e preoccupazioni. Le spalle ancora leggere, la coperta calda e rassicurante del “tranquillo siamo qui noi”.

“Attento che Sofia sta rovesciando l’acqua sul tavolo!”

[Continua]

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